mercoledì 11 maggio 2016

Lontani dalla cultura, più vicini alle crisi: un rinascimento euromediterraneo è possibile?”


Il libro, edito da Albeggi nel 2014 e vincitore dell’Alexandria Scriptori Festival 2014, è la rivisitazione in chiave positiva e propositiva della crisi greca, dove accanto a numeri nefasti e trend in peggioramento, si stimoli il vecchio continente a riformarsi per non esaurire la propria spinta propulsiva, sulla scorta degli auspici dei padri fondatori dell’Unione: De Gasperi, Adenauer, Spinelli. E coinvolgendo storie di eroi ellenici, del passato e del presente, che possano essere un pungolo per cittadini e classe dirigente, nella consapevolezza che l’Europa o è mediterranea o non è. 

Nel 2015 il Ministero degli Affari Esteri italiano e l’Istituto Italiano di Cultura di Atene lo hanno ritenuto meritevole di essere tradotto in lingua greca per fini sociali e culturali.  
“Millenni prima di Cristo la Grecia ha prodotto un qualcosa da cui si sono abbeverati nel corso dei secoli tutti i popoli e tutti gli Stati: la civiltà – osserva De Palo - . Il cosiddetto “politismòs” è stato il collante di successi e trionfi, proliferazione di altre civiltà e progresso scientifico, curvoni della storia, discese e risalite. No, non è questo un cocciuto e retorico invito alla nostalgia, bensì una scommessa: rischiosa ma affascinante. La rivoluzione, sin qui dimenticata, del grande bagaglio storico e culturale della Grecia potrebbe oggi essere nuova linfa per il tanto auspicato Eurorinascimento Mediterraneo, che occorre come l’aria tanto alla Grecia quanto agli altri stati membri. Punirne uno per educare altri ventisette non scongiurerà i rischi che sono, evidenti, sul tavolo. La questione della messa in comunione dei debiti, il tentativo di sviluppo europeo senza incrinare i rapporti di buon vicinato a oriente e a occidente, la mancanza strutturata di una politica culturale, il dossier migrazioni, le dinamiche energetiche con i nuovi intrecci geopolitici, il fronte caldo caldissimo del Medio Oriente, le interlocuzioni con i Paesi Brics. In una sola parola: un’agenda europea condivisa e forte che non releghi il vecchio continente a comparsa”. 

Secondo De Palo “tutto questo ha un suo peculiare cordone ombelicale con l’Egeo. Se è pur vero che ne La Repubblica Platone istruiva al compito principale di “invitare a pensare sul destino della vita individuale e sociale degli uomini per un destino da immaginare, argomentare e costruire”, è altrettanto vero che negli ultimi cinque lustri è mancata clamorosamente una seria e lungimirante programmazione sociopolitica anche da parte delle elites. Queste ultime anziché fare da pungolo alla politica europea si sono assopite in una mescolanza, limacciosa e afona, che ha prodotto l’euroimmobilismo a cui oggi si assiste. Una politica che fa a meno di domande, spunti, analisi e dita alzate per eccepire è una politica che non ha vita lunga. E che in quella breve parabola non produce buoni frutti, ma rattoppi o ancora peggio danni”. 

E conclude: “Società e politica devono tornare a parlarsi e a capirsi, a dibattere e a decidere per il meglio, a scontrarsi per consentire che nasca l’idea. Devono imitare i dialoghi socratici, quando le ore trascorse a discutere di tesi e contro tesi, a smontare le opinioni altrui per rimontarne una più corretta, non erano mai troppe”.  
“Essere un filellina non significa ingegnarsi per reperire tout court giustificazioni o per essere ciechi partigiani di un popolo. Essere un filellina vuol dire inchinarsi a quello sterminato alfabeto di civiltà che è proliferato millenni fa per farne tesoro, per attualizzarlo in tempi di globalizzazione selvaggia, per distillarlo nelle giovani generazioni affinché non crescano scoraggiate, per inculcarlo nelle anime di chi è classe dirigente ma ne dimentica ruolo e funzione sociale, per rafforzarlo nei veri grandi eroi dell’Europa che vuole scacciare il medioevo 2.0 in cui ci troviamo: i maestri che, già oggi, alleveranno i cittadini futuri”.

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